Il nuovo libro di Don Alessio Albertini, "Venti Mondiali", racconta l'Emozione di alcune storie di che nel corso degli ultimi 20 Anni ci hanno regalato i Mondiali di Calcio. Un invito ad allargare il nostro cuore verso qualcosa di più semplice di un risultato ed a crescere in umanità anche attraverso lo sport, da protagonisti.
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INTRODUZIONE
Venti Mondiali
Ore 19.00, dopo aver chiuso la chiesa e l’oratorio mi avvio verso la casa di
amici dove sono stato invitato per la serata. Il tragitto è breve ma sufficiente per rendersi conto che le strade sono deserte e lungo la via incrocio solo pochissime macchine.
E’ il 9 di luglio e si gioca la finale del campionato del mondo di calcio tra Italia e
Francia, trasmessa in diretta dalla televisione. Anche tutti i giornali del mattino avevano pronosticato che a quell’ora la città poteva sembrare svuotata e parlavano di fenomeno sociologico.
Mentre percorro con passo affrettato il breve tragitto per raggiungere gli amici
mi domando: perché è così questa sera? Che cosa nasconde il gioco del calcio
per tenere inchiodate tante persone davanti al televisore?
Un’infinità di persone in Italia, in tutta Europa e nel mondo intero stanno per
assistere allo spettacolo offerto da ventidue atleti che corrono, calciano,
cadono… oltre ai centomila spettatori che grideranno, canteranno
all’Olimpiastadion di Berlino e che le telecamere inquadreranno di tanto in tanto.
Tutti i giornali hanno parlato sulle prime pagine di questa partita. Perché?
Mi ripeto queste domande mentre sto per mettermi anch’io davanti al
teleschermo insieme a tutti i miei amici.
Quando Fabio Cannavaro, il capitano, alza la coppa verso il cielo sempre più
azzurro sopra Berlino e nelle strade cominciano i primi colpi di clacson,
finalmente riesco a darmi una risposta: il calcio è davvero capace di regalare
emozioni. Il calcio, lo sport in genere, tra le tante attività umane è quella che
maggiormente suscita emozioni. Questi momenti straordinari, che agitano il
corpo e lo spirito, sono vissuti profondamente non solo da parte degli atleti ma
anche da parte dei telespettatori e dei tifosi sugli spalti.
L’imprevedibilità di una partita, l’attesa di un colpo magico, l’incertezza del
risultato, la bellezza di un gol, le occasioni sfumate… sono queste che
attraggono migliaia di persone. Anche per il grande matematico greco Talete, l’unica cosa capace di far
dimenticare la sua sapienza filosofica e scientifica era l’emozione che regalava
lo sport. Tifoso accanito, non perdeva nessuno spettacolo dello stadio. Morì
vecchissimo allo stadio assistendo ad una gara atletica.
Lo sport è una continua fabbrica di emozioni.
Attraverso il vocabolario è sicuramente difficile descrivere cosa avviene nella
vita delle persone durante una partita di calcio. Credo che nessuno strumento
medico-scientifico sia capace di descrivere perfettamente un’emozione; questo
perché non è possibile toccarla o vederla, non possiamo dire da che punto
preciso arriva o in che punto preciso condurrà.
L’emozione si presenta come il vento. Possiamo vedere e sentire gli effetti che
provoca: saltare di gioia o versare lacrime di delusione, arrabbiarsi o
abbracciarsi… A volte è leggero, altre violento; a volte si percepisce appena,
porta una piacevole frescura in una giornata afosa, accarezza dolcemente o
scuote tutte le cose. L’emozione è un movimento interiore, proprio come il vento, scuote e spinge le
vele della vita di ciascuno. L’emozione è ciò che ci fa respirare e vivere, come il
vento per una barca a vela che naviga in mare: se non ci fosse, resterebbe
ancorata al porto. Le pagine che seguono sono un invito ad ascoltare i “venti” sospinti dal
campionato del mondo di calcio nelle sue passate edizioni, capaci di suscitare
un’emozione che smuove, scioglie e sveglia. Come i tanti giovani che hanno
fatto l’esordio in una partita del mondiale realizzando i loro sogni di bambini.
E’ il terrore da batticuore davanti all’ultimo rigore che fa da spartiacque tra la
festa e la delusione, o l’incertezza di un risultato che sembrava scontato.
Il vento che spinge oltre confini e mostra mondi diversi per geografia, cultura e
razza. Un mondiale giocato in Sudafrica, che racconta anche la sua storia di
apartheid e di conquista della libertà, di crescita del calcio africano.
Il campo come un piccolo mondo dove vecchi nemici si stringono la mano e si
scambiano la maglia.L’emozione di sentirsi cittadini di un mondo che abbatte barriere per regalare il
sogno di un possibile cambiamento. Un’occasione, quella del mondiale di calcio, che come il vento con la roccia sa plasmare le persone per premiare la loro fatica e disciplina.
Partite di rara bellezza in cui il soffio di brezza leggera trasforma semplici
uomini in calzoncini in artisti della pedata, capaci di dribbling emozionanti, di
colpi di tacco da applausi, di corse da poesia.
“Venti mondiali” è l’emozione di alcune delle storie che i mondiali ci hanno
regalato, storie di campioni non solo di bravura ma anche di umanità, come un
invito ad allargare il nostro sguardo e il nostro cuore verso qualcosa di più di un
semplice risultato, a spingere le nostre vele per farci investire da un vento che
vuol portarci più in là, o forse più in su: crescere in umanità anche attraverso lo
sport. Queste “venti” storie mondiali sono un invito a vivere Sudafrica 2010 non
semplicemente da spettatori passivi ma da protagonisti che guardano, si
animano, pensano ed agiscono. Raccontare una storia non ha bisogno di
moviole e commenti ma è aprire uno spazio alla fantasia e all’immaginazione
così da poter vivere quella storia da protagonisti tutte le volte che si vuole e
ripetere centinania di volte da ogni angolazione quell’immagine, quel fatto, quel
personaggio che maggiormente ci colpisce. Comenio, il fondatore della pedagogia classica, perse la moglie, la casa, il figlio, la biblioteca, tutti i suoi beni durante la guerra dei trent’anni e dovette
ricominciare tutto da capo. Ha voluto farci dono di un testamento che può anche
diventare un invito per ciascuno di noi: “ Il vero scopo dell’educazione è quello
di aiutare tutti, soprattutto quelli meno fortunati di noi, ad essere, nella vita, non
semplici comparse, ma grandi protagonisti”.
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