S. NATALE 2010
Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo
promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta
per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva
ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose,
ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di
Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato
in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli
infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». dal Vangelo di Matteo
Penso che la grandezza di Giuseppe, lo sposo di Maria, non stia tanto in ciò che ha realizzato ma in ciò in cui
ha creduto. Non lo ammiriamo perché è stato capace di cambiare il mondo ma perché non ha permesso
che il mondo cambiasse lui. Ha vissuto un incubo restando avvinto ad un sogno. E credo che sia proprio
difficile quando la realtà è un incubo e la tua fede resta un sogno.
Diciamolo pure sommessamente, ma spesso anche a noi uomini di sport, ci riesce meglio sopportare un
incubo che tener vivo un sogno.
Ci rassegniamo a ciò che non va bene, ma ci fidiamo poco di ciò che facciamo.
Affrontiamo i problemi senza aspettarci un arcobaleno.
Siamo capaci di arrabbiarci nella notte, senza aspettarci la gioia del mattino.
Conviviamo con le miserie dello sport, senza aspettarci un miracolo.
Giuseppe, nella festa del Natale, ci insegna a puntare su ciò che non c’è, mentre si lotta con ciò che c’è. Ci
insegna a tenere vivo un sogno: a trascinare l’oggi nel domani. A sognare per lo sport.
Anche se oggi il razzismo nei nostri stadi sembra ancora vivo e vegeto sogno che i buu si trasformino in
applausi e in abbracci.
Sogno che l’ultimo in classifica possa ancora arrivare primo perché lo sport è sfida ad armi pari e non
salotto di sospetti o fabbrica di scorciatoie.
Sogno che si vendano meno parole e che si offra uno spettacolo degno di tal nome.
Sogno che scompaiano le barriere e si torni ad alzare le bandiere, che crollino le reti di protezione e si
formino reti di relazione.
Sogno uno sport dove tanti ragazzi non trovino solo bravi allevatori ma maestri di vita.
Sogno che il talento possa ancora fare la differenza non di stipendio ma soprattutto di originalità personale.
In uno sport dove ancora la furbizia cerca di prevaricare continuo a sognare che fatica e sudore siano
ancora le vie maestre per raggiungere il risultato.
Mi piacerebbe vedere un grande campione che dopo aver commesso una sciocchezza si presentasse in
televisione a dire: ho sbagliato!
Sogno anche che lo sport sappia fermarsi perché a terra è rimasto qualcuno che vale di più di un risultato o
di un programma televisivo.
Sogno che chi opera nello sport senta la grande responsabilità sociale che gli è affidata.
Sogno che lo sport continui ad essere bello, emozionante, per tutti, gioioso…
Sogno che lo sport sia ancora capace di trasformare le “spade in aratri, le lance in falci, e non insegnerà la
guerra”; che permetterà di camminare insieme e volerci sempre un po’ più bene.
Per questo sogno… Buon Natale!
DON ALESSIO ALBERTINI
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